Lc 1,39-45
39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44 Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
La buona notizia si presenta oggi a noi come un incontro, l’incontro tra due donne che accolgono e riconoscono l’azione di Dio in loro. Maria, che il saluto dall’angelo ha riempito di grazia, fa visita alla cugina Elisabetta, la quale nella sua vecchiaia ha ricevuto la misericordia di Dio in colui che sarà “profeta dell’Altissimo” (Lc 1,76). I loro grembi sono fatti fiorire dalla presenza del Signore, grazie alla fiducia riposta nella sua parola.
Maria, grembo accogliente in cui viene plasmato il volto del Dio-con-noi, l’Emmanuele, è la figlia di Sion che compie l’attesa del popolo di Israele (“Rallègrati, esulta figlia di Sion, perché ecco – dice il Signore – io vengo ad abitare in mezzo a te”: Zc 2,14), e insieme figura della nuova Gerusalemme che scende dall’alto (cf. Ap 21,2).
Maria, la vergine di Nazaret, si muove “in fretta” in vista dell’incontro, appare sospinta, protesa, mossa da un’urgenza che svela una nota qualitativa del suo intimo: porta già Cristo in sé, nel silenzio, nello stupore, nella gioia. Arrivata, è il suo shalom, il suo saluto che è pace, a riempire la casa, a farsi avvenimento, pace messianica attesa e sospirata da sempre. Ed ecco gli effetti del suo saluto su Elisabetta: il bambino che porta in grembo, Giovanni, sussulta, “salterella”, danza di gioia alla voce di Maria, riconoscendo e, potremmo dire, già indicando Gesù.
Elisabetta, “colmata di Spirito santo”, inizia a parlare “con grido grande”: ora è la sua voce a guidarci nell’incontro fino a riconoscerlo come visita del Signore. Non basta che la visita del Signore avvenga, occorre che chi è visitato la riconosca. Così l’anziana benedice la giovane e il frutto del suo grembo, il Benedetto. L’approssimarsi di Maria, “la madre del mio Signore”, rievoca l’arca dell’Alleanza, il cui passaggio è fonte di esultanza e motivo di benedizione (cf. 2Sam 6,9).
L’ultima parola di Elisabetta è una beatitudine, l’irrompere della gioia messianica nella storia, in ogni storia, nonostante la nostra pochezza. Maria è detta beata per una sola ragione: perché ha creduto nel compimento della parola del Signore. Ha avuto fede. E questo si irradia come desiderio di incontro e canto di lode: “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1,46).
In questo tempo di attesa e desiderio che è l’Avvento, facendo memoria di Maria, madre dei credenti, terra del cielo, siamo accompagnati a riconoscere e accogliere il Signore che ci viene incontro nell’altro, donando gioia, forza, speranza e consolazione al nostro oggi.
Sorella Silvia