DIRITTO O DIRITTI?
In questi ultimi tempi si sono imposte all’opinione pubblica alcune questioni riguardanti la rivendicazione di presunti diritti personali, nei confronti di un’etica del diritto, quale è presentata nelle convenzioni nazionali e internazionali e come indica, a noi cristiani, una coscienza basata sui valori.
L’argomento più attuale è quello della pretesa monogenitorialità da parte di una coppia omosessuale che ricorre a gameti esterni (se donne) e alla maternità surrogata o utero in affitto (se uomini) per avere un figlio “a tutti i costi”, per poi adottarlo. Ciò, senza tener conto del diritto per un bambino, peraltro riconosciuto dalle Corti internazionali, ad avere un padre e una madre certi, nè, nel caso di una coppia di uomini, di sfruttare dietro pagamento il corpo di una donna, a cui viene poi sottratto il figlio portato in grembo, in violazione del principio, secondo cui “salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre” (Dich. sui diritti del fanciullo, 1959). Evidentemente, talune sentenze di giudici, come riportano le cronache più recenti, misconoscono o aggirano queste leggi.
Altro argomento scottante è la supposta negazione dell’obiezione di coscienza riguardo l’aborto, persino in violazione di una legge che la protegge, e piuttosto a favore di una donna che decide, per un suo presunto diritto, di eliminare il bambino che porta in grembo, senza trovare alcun ostacolo da parte di personale medico o paramedico obiettore. Si vuole, dunque, scardinare il principio dell’obiezione di coscienza, e possibilmente i medici che la proclamano, e così sarà più facile procedere all’ IVG. La situazione è più grave in Francia, dove è stata vietata l’opposizione all’aborto, con una pena di due anni di prigione e 30 mila euro di ammenda per chi vuole aiutare una donna a non abortire, anche ricorrendo a mezzi informatici.
Un tema spinoso, sempre attuale, è pure la diffusione della teoria del ” gender” nelle scuole infantili e primarie. Anche qui si impone un diritto dei” più forti”, di coloro almeno che lo possono avanzare, nei confronti di fasce più deboli che non possono difendersi, e trascurando il diritto dei genitori di educare i propri figli secondo i propri valori (Convenzione europea, 1950) sul tema della sessualità.
Un’ altra questione è il rispetto delle convinzioni religiose di ognuno, contro il dilagare di fenomeni che dileggiano o offendono i sentimenti religiosi, anche dietro il paravento di manifestazioni umoristiche o utilizzando il web. Tutto ciò, in violazione delle leggi nazionali e internazionali che difendono le libertà religiose e che talora i giudici sembrano ignorare.
Ultimo argomento, in discussione al Parlamento, è la legge sul fine vita, possibile anticamera dell’eutanasia, come è già avvenuto in Belgio, Olanda e Svizzera, Paesi ritenuti ” più progrediti”. In questo caso, al di sopra delle dichiarazioni nazionali e internazionali sui diritti dell’uomo, di cui il primo è proprio il diritto alla vita, – e chi siamo noi per decidere se una vita sia degna o indegna di essere vissuta ? – si impone il comandamento “Non uccidere”, spesso trascurato. Semmai, il malato in gravi condizioni o terminale va accompagnato a gestire la sua sofferenza e va aiutato per alleviargli il dolore con tutti i mezzi possibili.
I punti più essenziali della legge attuale sono: il consenso informato da parte del paziente grave, riguardo le cure da somministrare, le DAT, disposizioni anticipate di trattamento, quando la persona è ancora in grado di decidere, in vista di eventuali future infermità, le cure palliative, la nutrizione e la idratazione in soggetti in stato vegetativo o con grave disabilità.
Il Magistero della Chiesa si è precedentemente espresso su tale questione. San Giovanni Paolo II nel 2004 aveva chiarito che “la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenti sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico”. Il concetto è stato più recentemente ribadito dalla Santa Sede, lo scorso 7 febbraio, nella Carta per gli operatori sanitari, in cui si afferma che nutrizione e idratazione ” vanno considerate tra le cure di base dovute al morente, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio” e “la loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico”.
Maria Martines
(del Movimento per la Vita di Trapani)