La liturgia di questa domenica, penultima dell’anno, ci introduce già nel mistero escatologico e ci invita a celebrare la regalità di Cristo, il Signore, «che viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine» (Salmo 97, Responsorio). La I lettura (Malachia) presenta una profezia degli ultimi tempi, del «giorno rovente come un forno»: esso «brucerà i superbi e coloro che commettono ingiustizia fino a non lasciar loro né radice né germoglio»; per quanti hanno timore del Signore, invece, «sorgerà il sole di giustizia». A quel giorno di gloria e di liberazione, nel quale si realizzerà in modo definitivo la salvezza e si compirà il tempo eterno del Regno, i credenti guardano, dall’inizio della storia, con serena speranza e con fede ferma (cfr. Abramo, Mosè, Giobbe): essi non vivono nella paura della fine, che conduce a «una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione», ma trascorrono un’esistenza operosa, che costruisce, nella quotidianità, il Regno del Signore già sulla terra e permette di «guadagnare il pane», dono di Dio e segno della sua paternità, «lavorando con tranquillità» (2Tessalonicesi, II lettura).
Nel Vangelo Gesù istruisce i suoi e li prepara ai giorni della fine, invitandoli a rimanere saldi nella fede che hanno ricevuto e a non lasciarsi ingannare, perché negli ultimi tempi in molti tenteranno di deviare gli uomini dalla verità con false promesse di salvezza: in quegli stessi tempi coloro che seguono Cristo, proprio per il fatto di essere suoi, saranno oggetto di persecuzioni grandi. Il Maestro precisa: sarà «occasione di dare testimonianza».