CORPUS DOMINI


Quando ci prepariamo a vivere una solennità come quella del Corpus Domini nella nostra testa, soprattutto in quella di chi ha qualche anno in più, prendono corpo alcune immagini: processioni, piviali, infiorate, baldacchini… Tutto sembra riportarci a ricche celebrazioni, in cui tutti i presenti e ogni elemento liturgico sembrano esaltare la regalità e l’onnipotenza di Dio. Adorato nell’Eucaristia, il Dio tra noi è colui verso il quale in nessun altro modo ci si può rivolgere se non prostrandosi, adorandolo, rivolgendogli i più sacri tra i gesti. Eppure il corpo e il sangue di Gesù ci riportano a ben altri luoghi e a ben altri gesti. Il suo corpo e il suo sangue dovrebbero riportarci, in particolare, in due luoghi: la mangiatoia a Betlemme e il cenacolo a Gerusalemme.
Betlemme è la casa del pane, e la casa è il luogo in cui il pane non si vende, ma si condivide, si spezza, si offre. È lì che l’Onnipotente fattosi carne si offre a noi come cibo in una mangiatoia, come pane di cui la storia e l’umanità si sarebbero potute nutrire. È nella casa del pane che l’Onnipotente, consegnandosi come pane, si fa Dio con noi.
Gerusalemme, dal cenacolo al Golgota, è il luogo in cui il Pane si lascia prendere, spezzare, donare. È lì, in quel dono incondizionato, che prendono forza le parole pronunciate alle folle affamate. Quelle che la liturgia oggi ci rioffre: «Voi stessi date loro da mangiare». Parole pronunciate per i Dodici, di fronte alle folle che seguivano quel maestro per sentirlo parlare del regno di Dio e per essere da lui curati. Curati, dice l’evangelista, non guariti. Perché questo fa il pane: cura. E cura nel momento in cui viene spezzato.( dal sito: Cantalavita)